Oltre al cristianesimo nelle altre religioni esistono concetti di paradiso-inferno dopo la vita? Se si che differenze hanno rispetto all idea cristiana?
La condizione infernale nella concezione buddhista
Gli inferni e gli pseudoparadisi buddhisti
[I termini che verranno citati sono sanscriti, ove non venga diversamente specificato]
Tutti gli esseri senzienti che popolano il samsara (ruota delle esistenze condizionate) sono soggetti, in funzione della passione che predomina in loro, a sei differenti destini (sad jagati) corrispondenti a sei diverse condizioni d’esistenza.
Tra i sei destini, tre sono detti sfavorevoli o inferiori (tri durgati), e in essi la sofferenza è immensa:
1)Gli inferni (naraka), frutto karmico della collera o dell’odio, nei quali gli esseri soffrono tremendamente e intensissimamente.
2)Il mondo dei preta (=spiriti avidi) o pretaloka, frutto dell’avidità e dell’avarizia, un mondo caratterizzato da privazioni estreme.
3)Le rinascite animali (tiryak), frutto della stupidità, un mondo senza libertà.
I tre destini superni o superiori o favorevoli, frutto di un karma più positivo, sono caratterizzati da una sofferenza meno intensa e da una felicità più o meno grande (destinata in ogni caso a restare impermanente, come del resto transitorie sono in ogni caso anche le spaventose sofferenze dei precedentemente considerati destini infernali):
4)la rinascita umana (manusya), frutto del desiderio, dove le passioni sono molteplici e la sofferenza è abbastanza intensa da suscitare il desiderio di liberarsi, senza però essere insopportabile. La condizione umana è la più auspicabile di tutte le sei condizioni, superiore perfino a quella dei semidèi e degli dèi di cui diremo tra poco. Ciò perché è una condizione di non estreme emozioni. Gli esseri che sperimentano tale condizione, gli umani, possono cogliere la preziosa occasione di opportuni momenti sereni per volgersi a conseguire l’illuminazione liberatrice (nirvana) che li libererebbe definitivamente dal ciclo samsarico, mentre praticamente mai ci si riesce allorché si è discesi nei destini inferiori dove pertanto si sperimentano le condizioni infernali, straziati dai dolori incoercibili che impediscono i modi della concentrazione verso la liberazione, né la liberazione riesce paradossalmente agli esseri superni e nemmeno perfino agli stessi dèi, poiché essi sono per certi aspetti obnubilati dalle loro stesse esasperate felicità conseguite per accumulo karmico positivo, esaurite le quali, però, anche loro dovranno “morire” per l’ennesima volta riciclandosi nel samsara.
5)I titani o asura, detti anche semidèi, esseri possenti e di intelligenza grande, assai superiore a quella umana, e tuttavia dominati da istinti guerrieri, rosi dall’invidia nei confronti degli dèi, esseri enormemente a loro superiori e contro i quali gli asura si considerano perpetuamente in lotta.
6)Gli dèi (deva), esseri beati, straordinariamente potenti e meravigliosamente felici, eppure caratterizzati dall’orgoglio e dall’autocompiacimento, e la cui inesorabile caduta finale è, proprio per tutto ciò, ancora più dolorosa.
Approfondiamo ora, di tutti i destini possibili, soltanto la prima classe inferiore, quella degli inferni propriamente detti.
Gli inferni (naraka) si suddividono in otto inferni caldi, un insieme di inferni periferici, otto inferni freddi e un insieme di inferni effimeri, per un totale di diciotto tipi di inferno.
Le cause karmiche essenziali per finirci dentro sono collera, odio, assassinio, violenze.
Gli otto inferni caldi (asta usanaraka), sepolti nelle viscere dei mondi, sono sovrapposti l’uno all’altro. Procedendo adesso verso il peggio, ossia dal più vicino alla superficie verso il più profondo, distinguiamo:
I)Inferno delle continue resurrezioni (samjiva; tibetano: Yang-gsos), dove tagliandosi a pezzi reciprocamente su un suolo rovente, gli esseri rinascono continuamente.
II)Inferno delle linee nere, o del filo nero (Kalasutra; tib:Thig-nag), in cui gli esseri vengono lacerati dalle s e g h e.
III)Il luogo della spremitura e stritolamento (samghata; tib: bsDus-‘joms) dove una mazza li schiaccia in un mortaio.
IV)Il luogo dei pianti e urla laceranti (raurava; tib:nGu-‘bod) dove cuociono urlando in una fortezza di metallo incandescente.
V)Il luogo degli estremi pianti zampillanti (maharaurava; tib:nGu-‘bod chen-po) dove v’è una inimmaginabile intensificazione delle sofferenze dell’inferno precedente.
VI)Il luogo bruciante nel metallo (tapana; tib:Tsha-ba) dove si brucia fusi col metallo fuso.
VII)Il luogo penetrante-bruciante (pratapana; tib:Shin-tu tsha-ba) dove gli esseri sono come impalati e fusi insieme dentro e fuori al metallo ardente.
VIII)Il luogo dei tormenti inconcepibilmente insuperabili (avici; tib: mNar-med), i luoghi più allucinantemente dolorosi di tutti gli universi, che imprimono negli esseri un tal segno di così infinita sofferenza, che costoro, quando infine emergeranno da tale disperata condizione, pur essendovi giunti per una intrinseca predisposizione a ripetersi iterativamente secondo una modalità demoniaca, potrebbe accendersi in loro, per estenuato paradosso, una infinitesima fiaccola interiore di desiderio di liberazione futura, per ottenere la quale dovranno impegnarsi durissimamente per innumerevoli kalpa a guadagnarsi una esistenza meno disgraziata da cui poter progredire poi ancora…[il kalpa è un tempo estremamente lungo per la scala umana, e corrisponde alla durata di un’era cosmica, ossia la durata di ognuno degli universi che si succedono ciclicamente]
La durata della permanenza negli otto inferni caldi appena considerati aumenta man mano che si procede verso le profondità. L’ultimo degli inferni caldi, l’ottavo, è anche detto “inferno di vajra” (vajra =diamante; tibetano: rDo-rje), ed è la condizione appunto più spaventosa possibile in cui possa trovarsi un essere senziente: esso è in special modo riservato non solo ai temperamenti più rocciosamente demoniaci ma anche ai devoti che siano incorsi in gravi errori nella pratica del vajrayana , la via adamantina più pura e segreta ma anche la più rischiosa verso la salvezza, e ivi la situazione è talmente sconvolgente, che i demoni posson volgersi a divenir devoti, oppure i devoti posson volgersi a divenir demoni.
Dopo gli otto inferni caldi, consideriamo ora l'insieme dei quattro Inferni periferici, così denominati perché situati ai quattro punti cardinali rispetto alla precedente categoria di inferni.
Colà la sofferenza è ancora spaventosa ma almeno un po’ meno insopportabile. Essi comprendono:
a)Voragine di brace (kukutam; tib:Me-ma mur).
b)Palude putrida (kunapam; tib:Ro-myag dam).
c)Pianura dei rasoi affilati (ksuradharah; tib:sPu-gri’i gtams-pa’i lam).
d)Selva delle foglie-spade (asidharah; tib:Ral-gri lo-ma’i nags-tshal).
Rapidamente, ora, diamo una scorsa agli otto inferni freddi (asta sitanaraka; tib:grang-dmyal brgyad), simili a vasti ghiacciai spazzati da furiosi venti gelidi estendentisi oltre gli inferni precedenti (sofferenze in aggravamento man mano che si procede verso l’ottavo inferno freddo, ma sempre meno sofferenze rispetto alle categorie considerate precedentemente):
VI)Crepe nella carne simili a fiori di loto blu (utpalah; tib:Ud-pal ltar gas-pa).
VII)Crepe nella carne simili a fiori di loto rossi (padmah; tib:pad-ma ltar gas-pa).
VIII)Crepe nella carne simili ai grandi loto (mahapadmah; tib:Pad-ma chen-po ltar gas-pa).
Un’occhiata diamola infine al diciottesimo inferno, il meno intollerabile rispetto ai precedenti, e tuttavia insopportabile se valutato invece rispetto alle condizioni cui son sottoposti gli esseri dei destini successivi (degli spiriti avidi, delle esistenze animali, etc).
Il diciottesimo inferno è anche chiamato il luogo degli inferni effimeri (pradesikanaraka; tib:Nye-tshe-ba’i dmyal-ba): è questa una condizione per cui gli esseri identificano il corpo con un oggetto e soffrono perché vengono usati, vengono chiusi con porte, corde, in utensili, focolari, muri o colonne.
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La condizione infernale nella concezione buddhista
Gli inferni e gli pseudoparadisi buddhisti
[I termini che verranno citati sono sanscriti, ove non venga diversamente specificato]
Tutti gli esseri senzienti che popolano il samsara (ruota delle esistenze condizionate) sono soggetti, in funzione della passione che predomina in loro, a sei differenti destini (sad jagati) corrispondenti a sei diverse condizioni d’esistenza.
Tra i sei destini, tre sono detti sfavorevoli o inferiori (tri durgati), e in essi la sofferenza è immensa:
1)Gli inferni (naraka), frutto karmico della collera o dell’odio, nei quali gli esseri soffrono tremendamente e intensissimamente.
2)Il mondo dei preta (=spiriti avidi) o pretaloka, frutto dell’avidità e dell’avarizia, un mondo caratterizzato da privazioni estreme.
3)Le rinascite animali (tiryak), frutto della stupidità, un mondo senza libertà.
I tre destini superni o superiori o favorevoli, frutto di un karma più positivo, sono caratterizzati da una sofferenza meno intensa e da una felicità più o meno grande (destinata in ogni caso a restare impermanente, come del resto transitorie sono in ogni caso anche le spaventose sofferenze dei precedentemente considerati destini infernali):
4)la rinascita umana (manusya), frutto del desiderio, dove le passioni sono molteplici e la sofferenza è abbastanza intensa da suscitare il desiderio di liberarsi, senza però essere insopportabile. La condizione umana è la più auspicabile di tutte le sei condizioni, superiore perfino a quella dei semidèi e degli dèi di cui diremo tra poco. Ciò perché è una condizione di non estreme emozioni. Gli esseri che sperimentano tale condizione, gli umani, possono cogliere la preziosa occasione di opportuni momenti sereni per volgersi a conseguire l’illuminazione liberatrice (nirvana) che li libererebbe definitivamente dal ciclo samsarico, mentre praticamente mai ci si riesce allorché si è discesi nei destini inferiori dove pertanto si sperimentano le condizioni infernali, straziati dai dolori incoercibili che impediscono i modi della concentrazione verso la liberazione, né la liberazione riesce paradossalmente agli esseri superni e nemmeno perfino agli stessi dèi, poiché essi sono per certi aspetti obnubilati dalle loro stesse esasperate felicità conseguite per accumulo karmico positivo, esaurite le quali, però, anche loro dovranno “morire” per l’ennesima volta riciclandosi nel samsara.
5)I titani o asura, detti anche semidèi, esseri possenti e di intelligenza grande, assai superiore a quella umana, e tuttavia dominati da istinti guerrieri, rosi dall’invidia nei confronti degli dèi, esseri enormemente a loro superiori e contro i quali gli asura si considerano perpetuamente in lotta.
6)Gli dèi (deva), esseri beati, straordinariamente potenti e meravigliosamente felici, eppure caratterizzati dall’orgoglio e dall’autocompiacimento, e la cui inesorabile caduta finale è, proprio per tutto ciò, ancora più dolorosa.
Approfondiamo ora, di tutti i destini possibili, soltanto la prima classe inferiore, quella degli inferni propriamente detti.
Gli inferni (naraka) si suddividono in otto inferni caldi, un insieme di inferni periferici, otto inferni freddi e un insieme di inferni effimeri, per un totale di diciotto tipi di inferno.
Le cause karmiche essenziali per finirci dentro sono collera, odio, assassinio, violenze.
Gli otto inferni caldi (asta usanaraka), sepolti nelle viscere dei mondi, sono sovrapposti l’uno all’altro. Procedendo adesso verso il peggio, ossia dal più vicino alla superficie verso il più profondo, distinguiamo:
I)Inferno delle continue resurrezioni (samjiva; tibetano: Yang-gsos), dove tagliandosi a pezzi reciprocamente su un suolo rovente, gli esseri rinascono continuamente.
II)Inferno delle linee nere, o del filo nero (Kalasutra; tib:Thig-nag), in cui gli esseri vengono lacerati dalle s e g h e.
III)Il luogo della spremitura e stritolamento (samghata; tib: bsDus-‘joms) dove una mazza li schiaccia in un mortaio.
IV)Il luogo dei pianti e urla laceranti (raurava; tib:nGu-‘bod) dove cuociono urlando in una fortezza di metallo incandescente.
V)Il luogo degli estremi pianti zampillanti (maharaurava; tib:nGu-‘bod chen-po) dove v’è una inimmaginabile intensificazione delle sofferenze dell’inferno precedente.
VI)Il luogo bruciante nel metallo (tapana; tib:Tsha-ba) dove si brucia fusi col metallo fuso.
VII)Il luogo penetrante-bruciante (pratapana; tib:Shin-tu tsha-ba) dove gli esseri sono come impalati e fusi insieme dentro e fuori al metallo ardente.
VIII)Il luogo dei tormenti inconcepibilmente insuperabili (avici; tib: mNar-med), i luoghi più allucinantemente dolorosi di tutti gli universi, che imprimono negli esseri un tal segno di così infinita sofferenza, che costoro, quando infine emergeranno da tale disperata condizione, pur essendovi giunti per una intrinseca predisposizione a ripetersi iterativamente secondo una modalità demoniaca, potrebbe accendersi in loro, per estenuato paradosso, una infinitesima fiaccola interiore di desiderio di liberazione futura, per ottenere la quale dovranno impegnarsi durissimamente per innumerevoli kalpa a guadagnarsi una esistenza meno disgraziata da cui poter progredire poi ancora…[il kalpa è un tempo estremamente lungo per la scala umana, e corrisponde alla durata di un’era cosmica, ossia la durata di ognuno degli universi che si succedono ciclicamente]
La durata della permanenza negli otto inferni caldi appena considerati aumenta man mano che si procede verso le profondità. L’ultimo degli inferni caldi, l’ottavo, è anche detto “inferno di vajra” (vajra =diamante; tibetano: rDo-rje), ed è la condizione appunto più spaventosa possibile in cui possa trovarsi un essere senziente: esso è in special modo riservato non solo ai temperamenti più rocciosamente demoniaci ma anche ai devoti che siano incorsi in gravi errori nella pratica del vajrayana , la via adamantina più pura e segreta ma anche la più rischiosa verso la salvezza, e ivi la situazione è talmente sconvolgente, che i demoni posson volgersi a divenir devoti, oppure i devoti posson volgersi a divenir demoni.
Dopo gli otto inferni caldi, consideriamo ora l'insieme dei quattro Inferni periferici, così denominati perché situati ai quattro punti cardinali rispetto alla precedente categoria di inferni.
Colà la sofferenza è ancora spaventosa ma almeno un po’ meno insopportabile. Essi comprendono:
a)Voragine di brace (kukutam; tib:Me-ma mur).
b)Palude putrida (kunapam; tib:Ro-myag dam).
c)Pianura dei rasoi affilati (ksuradharah; tib:sPu-gri’i gtams-pa’i lam).
d)Selva delle foglie-spade (asidharah; tib:Ral-gri lo-ma’i nags-tshal).
Rapidamente, ora, diamo una scorsa agli otto inferni freddi (asta sitanaraka; tib:grang-dmyal brgyad), simili a vasti ghiacciai spazzati da furiosi venti gelidi estendentisi oltre gli inferni precedenti (sofferenze in aggravamento man mano che si procede verso l’ottavo inferno freddo, ma sempre meno sofferenze rispetto alle categorie considerate precedentemente):
I)Vesciche (arbuda; tib:Chu-bur-can).
II)Vesciche scoppiate (nirarbuda; tib:Chu-bur-rdol).
III)Stridor di denti (atata, tib:So-tham).
IV)Lamentazioni (huhuva; tib:A-chu zer-ba).
V)Alte lamentazioni (hahava; tib:Kye-hu zer-ba).
VI)Crepe nella carne simili a fiori di loto blu (utpalah; tib:Ud-pal ltar gas-pa).
VII)Crepe nella carne simili a fiori di loto rossi (padmah; tib:pad-ma ltar gas-pa).
VIII)Crepe nella carne simili ai grandi loto (mahapadmah; tib:Pad-ma chen-po ltar gas-pa).
Un’occhiata diamola infine al diciottesimo inferno, il meno intollerabile rispetto ai precedenti, e tuttavia insopportabile se valutato invece rispetto alle condizioni cui son sottoposti gli esseri dei destini successivi (degli spiriti avidi, delle esistenze animali, etc).
Il diciottesimo inferno è anche chiamato il luogo degli inferni effimeri (pradesikanaraka; tib:Nye-tshe-ba’i dmyal-ba): è questa una condizione per cui gli esseri identificano il corpo con un oggetto e soffrono perché vengono usati, vengono chiusi con porte, corde, in utensili, focolari, muri o colonne.
Inferno e Paradiso non esistono oltre la vita ma sono qui e ora davanti a te.
E se non li vedi nessuno può farci niente.
Martino, passa di qua che c'è il giardino, terreste, ovvio!
Perché vuoi sapere la differenza? Mi sembri un mammoccione ateo, l'inferno esiste, attento a non andarci dentro se non vuoi soffrire per sempre.
in certe religioni sì, in altre meno, in altre è un po' più complesso. cercati un dizionario delle religioni on line